Se state decidendo di trasferirvi negli Stati Uniti, questo sembra essere il momento più adatto. L’America e, in particolare, gli Stati Uniti sono da sempre legati al cosiddetto sogno americano; la ricerca di questa fantomatica fortuna nasce dalla voglia di rinascita che ha accompagnato i grandi avventurieri del passato, ma esiste ancora il sogno americano?
Sogno americano, esiste ancora?
La crescita economica americana nel 2019 sembra essere andata oltre le aspettative, seppur sul lungo termine sembra che la situazione economica americana potrà raggiungere standard elevanti nei prossimi anni. Infatti, dopo aver analizzato la situazione, si può affermare che il PIL statunitense è cresciuto considerevolmente, passando dall’1,9% al 3%. E, se questo dato non bastasse a confortare i desiderosi di un trasloco oltreoceano, i prossimi due o tre anni, si stima, avranno una crescita cospicua ben oltre le aspettative di mercato.
A trainare questo ciclo di espansione iniziato nel 2009 sono stati soprattutto i consumi, gli investimenti e l’aumento della spesa pubblica. Infatti, a trascinare al successo il PIL americano, sono soprattutto i consumi che pesano per il 69,5% sul PIL, mentre gli investimenti delle aziende coprono solo il 14,5%. Quindi, il fautore della crescita economica che sta interessando gli USA è, soprattutto, di origine privata, anche se una mano d’aiuto proviene dalla politica finanziaria che ha garantito anni di tassi reali nulli o negativi.
Visione ottimista o realista?
La visione positiva degli esperti e le previsioni della FED sono d’accordo nell’affermare che, anche nel 2019, l’economia statunitense proseguirà la sua ascesa. Di contro, bisogna affermare che esistono visioni contrastanti sulle tempistiche di decorso di questa ascesa. Il Decision Economic prevede una crescita al 3% nel 2019, il resto degli analisti, compresa la FED, propone uno stop più violento nel 2019.
In realtà, la visione più ottimista deriva non dal voler vedere il bicchiere mezzo pieno ma da attente valutazioni di mercato. Infatti, tenuto conto che la politica messa in atto mira a raggiungere il pieno impiego e la stabilità dei prezzi, e che i bilanci delle famiglie e gli indicatori finanziari sono piuttosto stabili, è possibile affermare che la frenata sarà più soft. A ciò, bisogna aggiungere che vi è stata una forte crescita degli impieghi e del reddito che ha dato sostegno ai consumatori che hanno rimesso in moto il mercato e garantito la sua relativa stabilità.
Ad oggi, si può affermare anche che, alla luce degli sgravi fiscali previsti dalla politica finanziaria del governo attuale in vigore dal 2019, si potrà compensare una politica monetaria più restrittiva e, quindi, alimentare in questo modo la crescita oltre che la stima delle imprese e dei consumatori. Ciò detto, è lecito affermare, salvo gravi stravolgimenti, che il quadro che si viene a delineare prelude una situazione a breve termine fatta di crescita, bassa disoccupazione, bassa inflazione e crescita del potere d’acquisto.
Fattori di crescita in USA
Quali sono i fattori che garantiscono una stabilità nell’odierna florida economia statunitense?
- La stabilità dei bilanci familiari e delle aziende ha permesso di raggiungere un clima di fiducia che spinge verso investimenti maggiori che sostengono e promuovono la crescita economica.
- L’aumento degli impieghi e dei salari medi producono un abbassamento della disoccupazione al 3,7%.
- L’aumento degli impieghi e dei salari genera un aumento della ricchezza, che permette di mettere in moto il mercato e produrre ottimi andamenti dei mercati azionari.
- L’abbassamento dell’inflazione offre un maggiore potere d’acquisto e, quindi, favorisce un’economia florida.
- Gli sgravi fiscali della politica attuale in atto dal 2019 potrebbero ulteriormente migliorare e fungere da cuscinetto per la futura politica restrittiva del FED che si attende nel breve periodo.
Inflazione e FED in USA
L’inflazione, che rappresenta un fiore all’occhiello dell’attuale politica finanziaria americana, potrebbe, nei prossimi anni, subire un aumento più rapido di quelle che sono state le prospettive fornite dalla FED. Se ciò avvenisse, si dovrebbe ricorrere a un aumento dei tassi di interesse che metterebbe in difficoltà l’economia degli Stati Uniti. Infatti, se fino ad ora si è optato per una politica aperta ed espansiva, nel breve periodo si potrà assistere a un cambio di rotta repentino che potrebbe provocare violente impennate dei tassi di interesse, che si ripercuoterebbero sulla stabilità dei prezzi e sull’occupazione, andando a intaccare l’onda positiva che si è cavalcata in questi anni.
Curva di Philips
In quest’ottica d’insieme, non si può dimenticare il ruolo che gli Stati Uniti hanno nell’impiego di nuove tecnologie, un fenomeno così smisurato che risulta inevitabile tenerne conto. Il nuovo dato tecnologico influisce sulle stime che si fanno della relazione tra disoccupazione e inflazione. Infatti, la curva di Philips che, appunto, riassume questo equilibrio, si va modificando sensibilmente alla luce di questi nuovi fattori di crescita. L’insieme della bassa disoccupazione e una moderata inflazione spinge l’economia verso un ciclo espansivo.
In tutto ciò, la tecnologia attutirà la dinamica inflattiva. Oggi si può affermare che l’economia statunitense sta attraversando un decennio dorato che, però, sarà molto difficile da sostenere nel lungo periodo: alla lunga, infatti, la FED afferma che la crescita si attesterà intorno al 2% e la disoccupazione attorno al 4,5%, dati non allarmanti ma non favorevoli in vista di una crescita cospicua.
Nonostante ciò, va detto che l’influenza che l’economia statunitense ha nel mercato globale sta lentamente diminuendo, data la sempre più crescente importanza dei paesi asiatici economici concorrenti degli Stati Uniti. Infatti, sulla scorta di queste valutazioni, il Fondo Monetario Internazionale ha già suggerito alla politica attuale di ridurre le barriere commerciali, al fine di mettere in campo le scelte più adeguate al mantenimento di questa attuale economia florida.
Trasferirsi in USA, sì, ma prima?
Prima di decidere di trasferirsi o, semplicemente, di fare un viaggio negli Stati Uniti, e a prescindere che si faccia parte di uno dei paesi della Visa Waiver Program (programma di viaggio senza visto) o meno, occorrerà provvedere alla richiesta telematica dell’ESTA. L’ESTA è l’acronimo di Electronic System for Travel Authorization, cioè un’autorizzazione che determina, preliminarmente alla partenza, l’ammissibilità dell’ingresso negli Stati Uniti.
La richiesta di autorizzazione va effettuata online sul portale dedicato, inserendo i propri dati anagrafici, gli estremi del passaporto e le motivazioni del viaggio. Nel caso i controlli diano esito positivo, si riceverà l’autorizzazione sempre online, ma se il sistema necessitasse di ulteriori verifiche in merito alla richiesta, servirà attendere 72 ore.
L’ESTA è obbligatoria dal 12 gennaio 2009 e va esibita all’arrivo; in seguito, dovranno essere effettuati i controlli di frontiera e poi procedere a tutte le pratiche d’ingresso. La sua validità è biennale o fino alla data di scadenza del passaporto, in base a quale delle due date cada in precedenza. Per richiedere l’ESTA dovranno essere soddisfatte alcune condizione tra cui il possesso di un passaporto in corso di validità ed elettronico, una permanenza negli Stati Uniti inferiore a 90 giorni, un biglietto di andata e ritorno e nel caso si utilizzi una compagnia riconosciuta dal governo degli Stati Uniti.